Buoni fruttiferi postali: alcuni casi controversi

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I buoni fruttiferi postali sono dei prodotti di investimento finanziario emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP). Questi, assieme ai libretti di risparmio postale, costituiscono il cosiddetto risparmio postale e si presentano sia nella forma di titoli cartacei, sia nella forma dematerializzata, ovvero come registrazioni contabili di un credito in favore del titolare nei confronti dell’emittente.

Il CASO dei buoni fruttiferi postali della serie P/Q, P oppure O acquistato dopo il 1° luglio 1986

Nel giugno 1986, con il Decreto Ministeriale, venne prevista l’emissione di una serie di buoni chiamata P/Q, stampata sui vecchi moduli dei buoni serie P e con dei timbri indicanti i nuovi rendimenti per il periodo compreso tra il ventesimo ed il trentesimo anno. Quei timbri, tuttavia, non dicono nulla in merito al rendimento degli ultimi 10 anni che deve essere indicato testualmente nel buono. La posizione di Poste Italiane è quella di volere rimborsare un importo minore, ovvero quello previsto per i buoni di serie Q ma rivolgersi ad uno studio legale specializzato, potrebbe aiutarvi ad ottenere il pieno rendimento.

Una questione controversa

L’Arbitro Bancario Finanziario, noto anche come ABF, è un sistema di risoluzione stragiudiziale di controversie previsto dalla legge italiana che si è espresso spesso a favore dei contribuenti. Già nel luglio 2020, tuttavia, Poste Italiane  ha comunicato di non voler adempiere alle pronunce favorevoli dei consumatori con riferimento ai buoni P/Q. Questo ha innescato un meccanismo che ha portato i consumatori a rivolgersi, sempre con maggior frequenza, ai Tribunali per ottenere il pagamento dei maggiori interessi.

La serie Q

Come anticipato buoni serie Q potrebbero creare problemi di rendimento, per lo più per gli errori commesse da Poste al momento dell’emissione e nella compilazione dei moduli e nell’applicazione dei timbri. E’ bene precisare, tuttavia, che con riferimento ai rendimenti dei buoni serie Q non è pacifica e alcune autorevoli decisioni dell’ABF lasciano ancora dubbi in merito al possibile esito di questi contenziosi. Il caso andrebbe valutato di volta in volta. Quello che bisogna ricordare è che per muovere contestazioni a Poste prima  i buoni fruttiferi devono essere scaduti o essere stati incassati. Per “scaduti” si intende buoni postali il cui periodo di rendimento è finito (che questo sia di 18 mesi, 7, 10 o 30 anni). Quindi i Buoni Fruttiferi postali vanno prima incassati e poi sarà possibile fare reclamo, da soli o con l’assistenza di un avvocato che si occupi di queste specifiche questioni o di pratiche dinnanzi l’ABF.

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Attenzione ai vizi di forma

Se hai un buono postale e non sei d’accordo con i rendimenti che poste di ha rimborsato, è possibile chiedere ad uno studio legale la valutazione senza impegno della situazione. Potrebbe essere importante verificare la presenza di piccoli errori posti in essere negli uffici postali al momento dell’emissione, per l’utilizzo di moduli errati, per l’apposizione scorretta di timbri o per la loro mancata apposizione. Accade, talvolta, che i timbri che dovrebbero modificare i rendimenti sono illeggibili o non chiaramente leggibili, come nel caso dei timbri della serie Q che non si leggono e che lasciano intatta la tabella sul retro, magari sviluppata sui moduli della serie P. Il timbro illeggibile è da ritenersi come non apposto secondo la giurisprudenza ABF.

L’importanza di rivolgersi ad un legale

Questa e altre questioni legate ai buoni fruttiferi postali, anche in merito alla prescrizione degli stessi, possono essere esaminate da esperti di diritto che sapranno e potranno suggerire il miglior modo per agire a tutela dei propri interessi. Occorre, tuttavia, affrontare queste questioni con cautela poichè queste questioni, benchè possano sembrare lineari e chiare, sono al contrario molto controverse e da esiti incerti. Un buon studio legale di Lecce potrebbe risolvere ogni dubbio.